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«ADDIO» PATTO DI STABILITÀ, TUTTI I VINCOLI SULLA CASSA

monete

Nel calendario governativo, il superamento del Patto di stabilità è in programma solo dal 2016, ma in verità già da quest’anno i tradizionali vincoli di finanza pubblica si avvicinano alla pensione, dopo un decennio di non troppo onorato servizio. L’arrivo a regime dell’armonizzazione contabile e gli “sconti” ulteriori introdotti nel corso dell’esame parlamentare della legge di stabilità, la n.190/2014, infatti, cambiano drasticamente la prospettiva, spostando l’attenzione dai «saldi obiettivo» alla situazione effettiva della cassa. Si tratta di un mutamento di rotta drastico, «dalla competenza alla cassa», che prova a rilanciare gli investimenti locali levando il cappio (e l’alibi) del Patto ma dovrà fare i conti con le condizioni reali dei bilanci , ancora tutte da verificare.

Addio al Patto

Questo addio è contenuto in poche cifre: i nuovi parametri per l’individuazione del saldo obiettivo, che chiedono agli enti di applicare nel 2015 il coefficiente dell’8,6% invece del 14,07% previsti dalle vecchie regole, si traducono in uno “sconto” di circa 2,8 miliardi di euro, a cui si aggiunge un’altra dote fino a 1,2 miliardi dalla conferma anche per il 2015 del Patto verticale incentivato, quello che garantisce alle Regioni un incentivo pari all’83,33% degli spazi finanziari da queste liberati a favore dei Comuni. Se anche questa spinta funzionerà a dovere, l’obiettivo di comparto per il 2015 dovrebbe attestarsi poco sopra i 600 milioni, con un taglio di circa l’85% rispetto all’obiettivo “lordo” del 2014. A questo pacchetto si aggiungono altri interventi, di portata minore ma comunque importanti per i singoli enti che ne potranno beneficiare: si tratta, in particolare, dell’esclusione quinquennale dal Patto per i Comuni oggetto di fusione e dalla possibilità di far risalire al 10% (oggi è l’8%) il rapporto fra le spese di ammortamento e le entrate dei primi tre titoli scritte nel consuntivo del penultimo anno precedente (sui vecchi mutui, poi, si riaprono le porte della rinegoziazione anche per finanziamenti già ristrutturati in passato). Tranne che in casi eccezionali, insomma, il Patto 2015 non sarà più un problema.

Il fondo crediti

Gli emendamenti sfociati nel testo finale della legge di stabilità hanno attenuato un po’ anche le richieste che i saldi di finanza pubblica presentano ai Comuni in cambio dell’alleggerimento del Patto. La principale è rappresentata dal fondo crediti di dubbia esigibilità, che impone alle amministrazioni locali di congelare una quota di risorse proporzionale ai tassi di mancata riscossione registrati negli ultimi cinque anni. Nella versione finale, la norma chiede alle amministrazioni di applicare quest’anno una quota del 36% (55% nel caso degli sperimentatori) del fondo crediti, invece del 50% (100% per gli sperimentatori) previsto prima dei correttivi, con il risultato che in base alle stime ministeriali il fondo 2015 dovrebbe valere circa 1,7 miliardi, invece dei 2,35 calcolati all’inizio.

La spending review

Accanto al fondo crediti, a colpire la cassa degli enti locali è la nuova tornata di spending review, che taglia ai Comuni 1,2 miliardi (1,5 considerando anche le ricadute delle cure precedenti) e lo fa utilizzando il consueto criterio proporzionale alle spese per «consumi intermedi» che finisce per distribuire in modo piuttosto insensato i sacrifici, chiedendo di più a chi più ha pagato gli arretrati ai fornitori grazie alle varie misure sblocca-debiti.

Gli aiuti

Nel conto, però, vanno messi anche ulteriori aiuti che la legge di stabilità offre ai Comuni per tamponare un po’ i problemi di cassa. Tre misure vanno in questa direzione: l’ennesima proroga dell’utilizzo per spesa corrente fino al 75% degli oneri di urbanizzazione, il cui peso è stato però drasticamente ridotto dalla crisi dell’edilizia, la possibilità anche per il 2015 di chiedere anticipazioni di tesoreria fino a 5/12 (invece degli ordinari 3/12) delle entrate iscritte ai primi tre titoli nel penultimo anno e, da settembre, la copertura integrale delle spese di giustizia, che prova a superare i buchi negli indennizzi statali su una partita che vale 300 milioni all’anno.

Le incertezze

Fin qui il disegno complessivo della manovra, che ha una direzione chiara ma deve affrontare ancora parecchi punti interrogativi. Due i principali: l’effettiva entità del fondo crediti (che nei primi mesi dell’anno sarà oggetto di un monitoraggio i cui risultati potranno modificare i coefficienti definitivi del Patto) e dell’extradeficit che si produrrà con il riaccertamento straordinario dei residui.

Senza contare il problema da almeno un miliardo di euro legato all’Imu degli ex montani e al fondo Tasi, su cui il Governo ha promesso interventi ancora da studiare.

 

fonte: www.sofiaonline.it

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