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Politiche demografiche a carico delle donne: l’India punta sulle sterilizzazioni

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8 marzo. Nel biennio 2013-2014 lo stato ha facilitato 4 milioni di sterilizzazioni, spesso realizzate in condizioni igenico-sanitarie inesistenti. E soprattutto nelle zone rurali più povere. “I servizi sanitari continuano a fornire un unico metodo contraccettivo: la sterilizzazione”

La sterilizzazione delle donne in India è una pratica molto diffusa e incoraggiata dal governo stesso che la considera efficace e sicura, nonostante le tragedie legate alle condizioni precarie in cui viene praticata. L’ultimo scandalo si è verificato l’8 novembre 2014, quando 13 donne sono morte in seguito all’operazione eseguita in massa in un centro di sterilizzazione nel Chhattisgarh.

L’India, che nel 2028 si stima sarà la nazione più popolosa del mondo, cerca attraverso questa pratica di ridurre la natalità e controllare la fertilità. Ma anziché praticare la vasectomia maschile, più semplice e meno invasiva, si continua ad utilizzare la sterilizzazione femminile, perché gli uomini sono più restii a sottoporsi all’intervento e meno interessati dalle politiche di governo che si concentrano sulle donne.
Nel biennio 2013-2014 lo stato ha facilitato 4 milioni di procedure e sulla carta tutto appare semplice e privo di rischi: l’intervento consiste nella legatura delle tube tramite laparoscopia e le donne sono libere di sottoporvisi o meno. Ma la realtà è ben diversa.

La tragedia di Chhattisgarh ha sollevato molte polemiche, portando l’attenzione sulle condizioni igienico-sanitarie in cui le donne vengono operate e sulla volontarietà dell’intervento. “Queste donne sono trattate come bestiame – denuncia l’avvocato Colin Gonsalves, direttore della Ong Human rights law network, al giornale francese La Croix–. In fase post operatoria a volte vengono lasciate sul pavimento, tra sangue e sporcizia”. 
E già nel 2012 l’Ong dell’avvocato aveva denunciato il caso di 53 donne sterilizzate in una scuola del Bihar, senza elettricità, né acqua, alla luce di torce elettriche.
“La sterilizzazione deve essere volontaria e realizzata in condizioni dignitose” continua Gonsalves. Tuttavia in molti casi non è così, come denuncia la giornalista di La Croix, Vanessa Dougnac: “La sterilizzazione viene imposta alle donne illetterate dei villaggi. In Rajasthan un terzo delle candidate ignora che l’operazione è irreversibile” ed il numero più alto di interventi si registra proprio nelle zone rurali.

L’approccio attuale, formulato nel 2012, si impegna a proporre anche altri metodi di contraccezione, e secondo S.K. Sikdar, direttore del programma “Non c’è alcuna pressione, le persone sono libere di fare ciò che preferiscono”, ma gli abusi continuano. La Human rights watch ha rilevato come gli agenti locali del governo siano spesso tentati di fornire alle donne informazioni incomplete al fine di convincerle a sottoporsi alla sterilizzazione poiché “chi fallisce nel raggiungere gli obiettivi fissati rischia di perdere il lavoro”. Insomma la situazione continua ad essere controversa e difficile, soprattutto nel nord dell’India, nelle zone più povere e rurali, dove “I servizi sanitari continuano a fornire un unico metodo contraccettivo: la sterilizzazione” conclude l’avvocato Leena Uppal del Centre for health and social justice.

Hélène D’angelo

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