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SEU e strutture complesse, tra interpretazioni restrittive e allargate

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Per assoRinnovabili, un’interpretazione errata dell’Aeegsi della norma sui Sistemi Efficienti di Utenza, escluderebbe dalla qualifica SEU le strutture complesse. Per l’associazione “la normativa primaria è chiara e l’Autorità non può cambiarla unilateralmente”. Ancora troppi dubbi da chiarire, ma la strada è la generazione distribuita e l’autoconsumo.

A distanza di 7 anni dall’introduzione con il D.Lgs. 115/2008dei Sistemi Efficienti d’Utenza (SEU) le imprese del settore delle rinnovabili che vorrebbero investire su tali configurazioni si trovano ancora in una condizione di grandeincertezza. Lo ribadisce assoRinnovabili in una nota stampa in cui chiede all’Autorità per l’Energia di rivedere la sua posizione sulla qualifica SEU per le strutture complesse.

Il D.Lgs. 115/2008 – spiega l’associazione – definisce chiaramente il SEU come un sistema in cui un impianto di produzione di energia elettrica fino a 20 MWe, alimentato da fonti rinnovabili o in assetto cogenerativo ad alto rendimento, è direttamente connesso all’impianto per il consumo di un solo cliente finale.

In effetti ci sono però situazioni particolari in cui non è facile capire se si sia di fronte a uno o a più clienti e se dunque si possa invece ottenere la qualifica: pensiamo ad esempio a un ospedale, all’interno del quale c’è un bar o un’edicola o a un centro commerciale, un porto, un aeroporto che ospitano varie attività (ma anche stazioni ferroviarie, poli fieristici, ortomercati, condomini). Ricordiamo che grazie ai SEU il cliente finale può ridurre l’entità degli oneri pagati generalmente in bolletta e quindi ridurre in modo sensibile il costo del kWh autoconsumato e prodotto, ad esempio, da un impianto fotovoltaico installato in loco da un soggetto venditore.

Con un’interpretazione errata della norma – evidenzia assoRinnovabili – l’AEEGSI vorrebbe escludere dalla qualifica di SEU le strutture complesse nelle quali le condizioni prescritte sono verificate, ma le cui unità immobiliari non sarebbero “destinate in via esclusiva alla realizzazione di un unico prodotto finale e/o servizio” (definizione di “Unità di Consumo” in Deliberazione 578/2013/R/eel - articolo 1, comma 1.1, lettera pp dell’allegato).

Per questo assoRinnovabili ha ribadito in una lettera inviata ieri al Collegio dell’Autorità che “gli immobili presenti nelle strutture citate partecipano tutti alla fornitura di un unico medesimo servizio”. L’associazione utilizza l’esempio del centro commerciale come “servizio che consiste nel concentrare in un unico spazio un considerevole numero di attività commerciali, così da offrire al consumatore un’ampia gamma di beni e servizi cui accedere senza compiere lunghi spostamenti”.

“Chiediamo che l’Autorità riveda la sua posizione – ha dichiarato Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili – e confermi l’interpretazione di assoRinnovabili, la sola compatibile con la normativa primaria e con la disciplina europea che mirano entrambe alla promozione dell’efficienza energetica e dell’autoconsumo”. Se l’Autorità non muterà il suo orientamento ostile nei confronti dei SEU – conclude Re Rebaudengo – i soggetti interessati si staccheranno dalla rete elettrica, così come già è accaduto nel settore della telefonia, con ogni prevedibile conseguenza sul sistema elettrico”.

Però anche il governo, per voce del Ministero dello Sviluppo Economico, a giugno, rispondendo ad una interrogazione, presentata a fine novembre 2014 (notare i tempi biblici) si è uniformato all’interpretazione dell’Autorità: “la definizione di unità di consumo consente di escludere dai vantaggi di cui godono i SEU i sistemi estesi che, di fatto, sono multicliente, quali i centri commerciali, gli ospedali e gli aeroporti comprensivi di alberghi, parcheggi e negozi, anche se hanno un intermediario unico con la rete pubblica o una sola bolletta energetica”, ha spiegato.

In sintesi l’interpretazione (coerente ma molto restrittiva) del regolatore (e del MiSE) è che il cliente finale è un soggetto che acquista energia elettrica per uso proprio. “La definizione di ‘unità di consumo’ serve per identificare i clienti finali veri, non anche gli intermediari, facendo riferimento a quanto già esistente in ambito catastale (da qui deriva il riferimento alle unità immobiliari). Spesso invece nei centri commerciali, negli ospedali, nei quartieri residenziali sono presenti clienti finali diversi che non possono essere parte del SEU vero e proprio (alberghi o negozi autonomi).”

Anche la Commissione europea (nella nota interpretativa del 22 gennaio 2010) – affermano Autortià e MiSE – identifica tali realtà complesse, a fini industriali e commerciali, tra i sistemi di distribuzione chiusi che, per come sono definiti dalla direttiva 2009/72/CE, sono diversi dai SEU.

Una interpretazione più sottile è quella che ci ha fornito qualche tempo fa l’avvocatoEmilio Sani dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi. Facciamo il classico esempio del bar dell’ospedale. Se questo ha una sua autonomia produttiva, è accatastato autonomamente e paga l’energia in base ai consumi, allora non può approvvigionarsi nell’ambito di un SEU. In questo caso il SEU nell’ospedale si può fare lo stesso, ma il bar dovrà diventare una “utenza virtuale” e pagherà l’energia come se la prelevasse dalla rete esterna. Se invece il bar non pagasse l’energia in base ai consumi, ma, ad esempio, i gestori avessero un accordo per cui pagano un affitto ‘tutto compreso’, allora, secondo il legale, anche l’energia consumata dal bar potrebbe essere acquistata nell’ambito di un SEU.

La norma tuttavia resta ancora soggetta a dubbi interpretativi che andrebbero chiariti subito. Servirà trovare comunque una soluzione in modo che si possano sviluppare concretamente la generazione distribuita e l’autoconsumo anche e soprattutto per le strutture complesse. E dunque dare vigore alla generazione elettrica efficiente e pulita, quella alimentata da rinnovabili.

Redazione Qualenergia.it

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