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Talento contro capitale, il lavoro nel XXI secolo

Human Capital Report 2015: la Finlandia gestisce meglio il capitale umano. Italia 35esima

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Secondo l’Human Capital Report 2015 appena pubblicato dal World Economic Forum, la Finlandia è il paese che sfrutta meglio le risorse umane e la top 10 di questa nuova classifica è completata da Norvegia, Svizzera, Canada, Giappone, Svezia, Danimarca, Olanda, Nuova Zelanda e Belgio. L’Italia è solo 35esima e fa peggio di quasi tutti gli Stati dell’Europa occidentale (esclusi Portogallo, Spagna e Grecia) ma anche di diversi Paesi ex comunisti ed addirittura di Russia e Ucraina. La Finlandia raggiunge un punteggio di ’86 su 100, l’Italia si ferma a 75,44 ma fa ancora meglio di un colosso come la Cina, relegata al 64esimo posto e che, nonostante il mito dell’efficienza (senza diritti) della sua manodopera, ottiene un punteggio di 67 per la gestione del suo capitale umano. Ultimo in classifica è lo Yemen, con poco più di 40 punti, preceduto da 9 Paesi africani: Ciad, Mauritania, Burundi, Nigeria, Guinea, Mali, Costa d’avorio, Burkina Faso, Etiopia

Il rapporto del Wef comprende infatti l’Human Capital Index, uno studio che riguarda 124 e che utilizza 46 indicatori. Questo indice adotta l’approccio del capitale umano e valuta i livelli di educazione, competenze, accesso al lavoro rispetto a 5 scaglioni di età: da meno di 15 anni a più di 65 anni. L’Italia è decima al mondo per laureati in materie artistiche ed umanistiche.

Se l’insieme dei punteggi dei Paesi sono generalmente correlati al PIL pro-capite, esistono però spostamenti secondo i diversi gruppi di reddito. Secondo Saadia Zahidi, una delle autrici del rapporto, «Quest’indice dimostra che tutti i Paesi, quelli ricchi come quelli poveri, devono ancora ottimizzare il loro capitale umano e richiede di elaborare un nuovo modello di crescita centrato sulle persone».

Come spiega Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, quello che emerge dall’Human Capital report è uno scontro tra talento e capitale nel XX secolo: «Il talento, e non il capitale, costituirà un fattore essenziale che collegherà l’innovazione, a competitività e la crescita nel XXI secolo». Presentando il rapporto Schwab ha sottolineato: «Quando i policymakers finanziari tentano di promuovere la crescita economica, quasi sempre si concentrano sulla ricerca di nuovi modi per scatenare il capitale. Ma, anche se questo approccio può essere servito in passato, rischia di dare poca attenzione al ruolo che il talento svolge nella produzione e realizzare delle idee che rendono possibile la crescita. In effetti, in un futuro di rapidi cambiamenti tecnologici e di automazione diffusa, il fattore determinante – o il limite paralizzante – per l’innovazione, la competitività e la crescita è meno probabile che sia la disponibilità di capitale che l’esistenza di una forza lavoro qualificata».

Schwab avverte i conservatori ed i cantori dello status quo  che «Forze geopolitiche, demografiche ed economiche stanno  inesorabilmente rimodellando i mercati del lavoro. In particolare, la tecnologia sta cambiando la natura stessa del lavoro, rendendo interi settori e occupazioni obsoleti, mentre crea industrie e categorie professionali completamente nuove. Secondo alcune stime, entro il 2025 potrebbe essere automatizzabile quasi la metà delle professioni di oggi. La speculazione su ciò che le sostituirà varia dalle previsioni di opportunità inaspettate alle previsioni di disoccupazione su vasta scala dato che le macchine occuperanno più lavoro umano».

Il rapporto Wef evidenzia i segni già visibili di questo gigantesco cambiamento: secondo l’ the International Labor Organization, la disoccupazione globale ha superato 212 milioni, ma bisognerebbe creare ogni anno altri 42 milioni di nuovi posti di lavoro se l’economia mondiale vuole fornire occupazione al crescente numero di giovani in età d lavoro. Di fronte a questi dati drammatici, nel 2014 il 36% dei datori di lavoro in tutto il mondo ha riferito di aver incontrano difficoltà nel trovare delle persone di  talento, la percentuale più alta negli ultimi 7 annii.

Per Schwab la sfida del XXI secolo la sfida sarà talento contro capitale: «Affrontare questa mancata corrispondenza tra domanda e offerta richiede che governi, imprenditori, istituzioni educative ed individui superino gli incentivi a concentrarsi sul breve periodo e comincino a pianificare un futuro nel quale il cambiamento sarà ‘unica costante. Tutti devono ripensare a cosa significa imparare, la natura del lavoro ed i ruoli e le responsabilità dei vari stakeholders per garantire che i lavoratori di tutto il mondo siano in grado di realizzare il loro potenziale». Secondo i primi risultati di un sondaggio del World Economic Forum, i manager delle risorse umane di lcune delle più grandi multinazionali del mondo prevedono profonde modifiche della struttura stessa del lavoro causate da una maggiore adozione di Internet mobile e della tecnologia cloud, dall’utilizzo di big data, dal lavoro flessibile, dalla stampa 3-D, dai materiali avanzati e dai nuovi tipi di rifornimento di energia. Nonostante queste “perturbazioni” continuano però a pensare che l’impatto complessivo sui livelli occupazionali nelle industrie saranno in gran parte positivi, ma «A  condizione che le nuove competenze della forza lavoro possono essere sviluppate rapidamente nel loro settore e nel mercato del lavoro più in generale».

Schwab fa notare: «Dato che la tecnologia cresce sempre più con il lavoro basato sulla conoscenza, le abilità cognitive che sono centrali per i sistemi educativi odierni resteranno importanti; ma le capacità comportamentali e non cognitive necessarie per la collaborazione, l’innovazione, e la risoluzione dei problemi diventeranno davvero essenziali. Le scuole e le università di oggi, che sono dominate da approcci all’apprendimento, che sono fondamentalmente di natura individualistica e competitiva, devono essere riprogettati per concentrarsi sullo studio per imparare e acquisire le competenze necessarie per collaborare con gli altri. Capacità unicamente umane, come la possibilità di lavorare in team, gestire i rapporti e capire le sensibilità culturali saranno di vitale importanza per le imprese in tutti i settori e devono diventare una componente fondamentale della formazione delle generazioni future. Inoltre, con l’educazione che proseguirà  sempre più lungo tutta la vita, il businesses  deve ripensare suo ruolo nel fornirla ad una forza lavoro competitiva. Alcune imprese  hanno già colto tutto questo e stanno investendo nell’apprendimento continuo, nella riqualificazione dei dipendenti e  nella crescita della qualificazione. Eppure la maggior parte dei datori di lavoro si aspettano ancora di avere talenti pre-formati da scuole, università ed altre aziende. Il business dovrà lavorare sempre di più con gli educatori e governi per aiutare i sistemi educativi a mantenere il passo con le esigenze del mercato del lavoro. Dato il rapido cambiamento del bagaglio di competenze necessarie per molte occupazioni, il business  deve riorientare gli investimenti per la formazione on the job e l’apprendimento permanente, in particolare per quando entreranno nella forza lavoro i Millennials, cercando  uno scopo e la diversità delle esperienze con le quali i loro predecessori hanno cercato la remunerazione e la stabilità».

Anche se ormai nessuno pensa più ad una crescita economica continua e si danno per scontati alti e bassi in materia di occupazione, secondo Schwab, «Le imprese socialmenteresponsabili dovrebbero seguire esempi di successo come quelli di Coca-Cola, Alcoa, Saudi Aramco, Africa Rainbow Minerals e Google nel per mitigare la disoccupazione e migliorare le capacità delle persone di guadagnarsi da vivere. Inoltre, i governi hanno un ruolo da svolgere nella creazione di un ambiente in cui i cittadini possano raggiungere il loro potenziale. I policymakers devono utilizzare metriche più forti per valutare il capitale umano e riesaminare gli investimenti nell’istruzione, nella progettazione dei curriculum, pratiche di assunzioni e licenziamenti, integrazione delle donne nel mondo del lavoro, politiche pensionistiche, legislazione sull’immigrazione e politiche del welfare. Il sostegno normativo all’imprenditorialità ed alle piccole e medie imprese rimane uno dei mezzi più sottoutilizzate per innescare la creatività, favorire la crescita e creare occupazione».

Schwab è consapevole che «La protezione dei lavoratori e dei consumatori è fondamentale», ma aggiunge che difendere alcune industrie in crisi dall’impatto di nuovi modelli di business « Non riuscirà a tenere a bada la prossima ondata di trasformazione. Piuttosto che cercare di tenere a freno il disruptive businesses, come Airbnb e Uber, i governi dovrebbero introdurre norme che consentano la loro crescita sostenuta, mentre ricercano modi per sfruttare le loro tecnologie ed approcci imprenditoriali per aumentare il welfare sociale. Queste politiche comprendono corsi di formazione online per i disoccupati, lavoratori digitali, sindacalizzazione virtuale e politiche fiscali orientate all’economia di condivisione».

Schwab conclude:; «Sbloccare il talento latente del mondo, e quindi la sua piena capacità di crescita, ci impone di guardare al di là dei cicli economici e delle relazioni trimestrali. Il futuro è pieno di potenzialità, ma solo se siamo abbastanza intelligenti ed abbiamo coraggio di afferrarlo»

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